Art for cuozzis nasce come un blog la cui idea balenò nella capa gloriosa di Angela Giuliano un giorno all’improvviso, sugli spalti del San Paolo in occasione di un partitone contro la non tanto amata Juventus. Ero lì in curva A con i compagni di stadio intonando fieramente, cu l’uocchie ‘a fore e ‘o cannarone prossimo al collasso, il coro PARTENOPEI, NOI SIAMO PARTENOPEI! in risposta a chi stupidamente pensa che qualificarsi come non napoletani sia un insulto. Nel tripudio di bandiere ed adrenalina, sento qualcuno dire “Ca pò chi ‘o ssape pecché se dice partenopei…”.
Nun l’avessa maie fatto!
Nun l’avessa maie fatto!
Ne è seguita una breve lezione sul mito di fondazione di Napoli, svoltasi dividendo un borghetto tra qualche insulto colorito e i fischi dei bianconeri che entravano in campo per il riscaldamento. Al triplice fischio finale è seguito un abbraccio di questo omone che mi ha ringraziato per averlo fatto sentire ancora più orgoglioso della sua città.
Questo episodio mi ha fatto riflettere sul fatto che per la valorizzazione di un territorio sia necessaria soprattutto la cura e l’attenzione di chi lo vive.
Da qui l’idea di aprire uno spazio il cui fine è sempre stato ironico, senza alcuna reale pretesa se non quella di rivendicare con orgoglio le mie origini e promuoverle con una risata.
In linea con il concept del blog avevo scelto un linguaggio volutamente incolto pur avendo alle spalle una formazione umanistica; dunque conoscendo bene l’importanza delle regole sottese al linguaggio, mi prendevo la briga di “giocarci”.
Avevo pensato così ad un’operazione linguistica che si richiamasse idealmente a Loise De Rosa in quanto i suoi scritti di stampo cronachistico legati alla dimensione dell’oralità sono la testimonianza di una forma letteraria “popolare”, lontana dalle forme alte della corte aragonese presso cui prestava servizio e in quanto tali specchio più fedele della realtà che aveva sotto i suoi occhi. Voleva essere il frutto di una cultura orale assorbita ascoltando il chiacchiericcio colorito dei vicoli e degli spalti, dei bar e dei mercati. In linea con lo spirito con cui è nato il blog, voleva essere infatti un linguaggio “cuozzo”; una sorta di scrittura volutamente incolta. Nel frattempo, però, essendo maturate delle situazioni che mi hanno portata a ripensare alle finalità di questo spazio, in virtù di questo cambio di direzione ho ritenuto opportuno andare a risciacquare i panni nel Sebeto e sto quindi riscrivendo, un po’ alla volta, i miei post in un napoletano corretto (o almeno ci provo). Non è facile perché non c’è un’ortografia certa e anche in ambito morfologico e sintattico ci sono punti di vista discordanti.
La mia speranza è quella di potermi avvalere, un giorno, di qualche autorevole revisione da parte di esperti conoscitori del Napoletano e intanto nel mio piccolo faccio tesoro degli insegnamenti di De Blasi e alla mia destra siede con me la grammatica napoletana di Carlo Iandolo.
Ci saranno sicuramente degli errori per cui sarei grata a chi, competente o semplice curioso, me li potesse segnalare.
Non mi va di impelagarmi in tarantelle linguistiche e accapigliarmi con chi sostiene che una cosa si scriva in un modo e chi in un altro.
Esco dalla dualità e scelgo la terza via.
Esco dalla dualità e scelgo la terza via.
Per ciò che concerne i contenuti è probabile che essi contengano degli errori e delle inesattezze storiche; in tal caso prima che si verifichino altisonanti isterismi e proclami indignati, invito il lettore ad inoltrarmi una segnalazione in merito ed io provvederò immediatamente, e con piacere, a rettificare.